La frana del Monte Anime (L’Amico del Popolo, 31.01.1998 n.5 - 07.02.1998 n. 6 - 14.02.1998 n.7 - 21.02.1998 n.8)
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LE FRANE DI CENCENIGHE: LA FRANA E LA GALLERIA DELLE ANIME
Una carrellata storica (e geologica ) su uno dei "punti neri" della Provincia
(L’Amico del Popolo, 31.01.1998 n.5 - 07.02.1998 n. 6 - 14.02.1998 n.7 - 21.02.1998 n.8)
"Il Colle delle Anime è formato dallo sprone fra il Cordevole ed il Biois" scriveva Feruglio nella sua guida del 1907.
Un monte, quello delle Anime, che s'innalza tra la valle del Biois e del Cordevole sovrastando l'abitato di Cencenighe.
Un "piastrone di rocce
dolomitico-calcaree", usando un termine tecnico, cosparso di grossi
massi detritici instabili con crepe e lesioni che hanno dato origine in
passato (e anche in epoca recente) a fenomeni franosi, il più imponente
dei quali, quello verificatosi nel 1940, che ha reso necessario, qualche
anno più tardi, la costruzione di una galleria nella roccia lungo la
strada della valle del Biois sostituita recentemente da un lungo e più
sicuro tunnel.
La denominazione di
"Monte delle Anime" è da ricercare, secondo il glottologo Giovanni
Battista Pellegrini, nella leggenda del cavaliere Celentone che avrebbe
riunito sull'altura i primi fedeli dell'alto Agordino.
Secondo la sua
spiegazione potrebbe trattarsi di un cimitero o di un luogo di raccolta
dei fedeli oppure il nome potrebbe essere semplicemente frutto della
fantasia popolare.
Ma cos'è dal punto di
vista geologico il monte delle Anime? Lo abbiamo chiesto al geologo
agordino Vittorio Fenti autore di una relazione geologica dell'area. "E'
un bancone di rocce dolomitico - calcaree rigide (Dolomia del Serla),
depositate in un'epoca che va da 233 a 239 milioni di anni fa,
costituite da organismi sedimentati in ambiente di mare tropicale il cui
piede è formato da strati calcareo-marnosi piuttosto friabili. Le cause
che determinarono il crollo avvenuto nel 1940 sono da ricercare nella
presenza di una serie di fratture parallele alla parete libera e
ortogonali alla stessa, di piani di stratificazione alla base disposti
leggermente a franapoggio. Le fessure preesistenti furono allargate da
acque circolanti sottoposte a spinte idrostatiche e a forti pressioni
dovute al gelo.
La causa scatenante la
frana è stato comunque il cedimento dei deboli strati calcareo-marnosi
fratturati ubicati al piede, soggiacenti al carico della grande massa
dolomitica. Le attuali condizioni di stabilità del monte delle Anime sul
versante della valle del Biois sono assai complesse. Tutto il ciglio
della grande piastra dolomitica è caratterizzato da fessure più o meno
aperte, con direzione parallela alla sottostante parete.
I bordi della scarpata
sono cosparsi di grossi massi instabili inoltre la grande nicchia di
distacco, in parte strapiombante, mostra rocce fratturate e brecce di
faglia cavernose e rossastre alquanto instabili."
La caduta della frana fu, a quanto sembra, un evento improvviso.
Il versante più a
rischio di crollo era comunemente ritenuto quello che si affacciava
verso la valle del Cordevole dove, ai primi di novembre del 1937, si era
verificato il distacco di massi di differenti dimensioni.
La Prefettura, con
indicazioni dettagliate, aveva disposto l'introduzione di un servizio di
guardiania fissa, a monte del punto di distacco, e di un sistema di
avvistamento e segnalazione di eventuali movimenti franosi in atto.
"Si è dovuto provvedere
d'urgenza ad appaltare alcuni accorgimenti atti, se non ad eliminare il
pericolo, per lo meno a segnalarlo in tempo utile - si legge in una
delibera podestarile dell'epoca - in modo che non abbiano a verificarsi
delle vittime e da permettere a persone e beni di mettersi in salvo."
Sull'utilità del
servizio non è dato atto di giudicare anche se dopo qualche mese, non
avendo riscontrato evidenti fenomeni in atto, fu considerato inutile
mantenerlo in funzione e gli incaricati vennero quindi licenziati.
Un'altra ragione
plausibile era forse da attribuire al fatto che il mantenimento del
servizio di guardiania diurna e notturna costituiva un ulteriore onere
finanziario per il Comune di Cencenighe.
Successivamente, due
edifici posti all'estremità dell'abitato delle Chioipe, la zona più
vicina e ritenuta la più esposta al pericolo, furono evacuati anche se
di fatto l'area non fu mai interessata direttamente dalla caduta di
materiale (le due costruzioni con il tempo andarono inevitabilmente in
rovina e agli abitanti vennero messi a disposizione alcuni edifici
costruiti ad Avoscan,al di là del Cordevole).
Inaspettatamente,
qualche anno più tardi, una frana di consistenti dimensioni si staccò
invece non dal versante del Cordevole, ritenuto più a rischio, ma da
quello del Biois. La mattina del 23 maggio 1940 (e non erroneamente il 9
giugno 1939), in quella che venne definita una "bella giornata di
sole", si verificò il distacco della frana.
Ecco come un bollettino
parrocchiale della valle del Biois dava notizia dell'accaduto: "Dalla
cima più alta del Monte delle Anime, distante cinquecento metri dal
villaggio di Cencenighe, sul versante del Celentone verso il Biois, il
dì di Corpus Domini alle ore 9 e mezza antipomeridiane, si staccò un
ammasso enorme di roccia e precipitò nella valle sottostante, arrestando
le acque del Biois e seppellendo la strada di enormi sassi. Si calcola
un quantitativo di materiale che va dai dieci ai quattordicimila metri
cubi (nella sua relazione Fenti indica invece intorno a venti -
trentamila metri cubi il volume del materiale crollato). Il fatto destò
molta impressione. Fu un accorrere continuo, per più giorni, di gente
che si portava sopraluogo a contemplare quella spaventosa rovina. Ogni
mezzo di trasporto venne interrotto. I Pompieri di Forno di Canale, con
prontezza e sacrificio ben noti, si portarono in quel luogo a preparare
un passaggio provvisorio, sul versante opposto al franamento. Il
transito è tuttora pericoloso, per il continuo franare di nuovo
materiale e lo sarà sempre, finché non si costruirà una galleria. In
attesa di provvedimenti l'approvvigionamento viene effettuato mediante
trasbordo. Si spera che i lavori, che s'impongono, saranno intrapresi
quanto prima."
Oltre alla cronaca
dettagliata della frana precipitata dal monte delle Anime, tra le altre
notizie riportate dal bollettino locale una in particolare riguardava le
condizioni atmosferiche che avevano caratterizzato la stagione
primaverile.
Una stagione definita "buona" malgrado le "piogge frequenti, anche se non eccessive".
Testimoni dell'evento
franoso (e sono parecchi data la non grande distanza di tempo che ci
separa dall'evento), ricordano il boato e la densa nube di fumo bianca
che aveva accompagnato la caduta del materiale.
Fortunatamente non ci
furono vittime anche se la tragedia fu quasi sfiorata. Da pochi minuti,
lungo la carreggiabile sottostante, erano infatti transitati alcuni
pastori con il loro gregge di pecore diretti in valle del Biois.
Dalla testimonianza
riportata nel bollettino (confermata da fonti scritte e da testimonianze
orali), si comprende come la strada consorziale Cencenighe - Falcade
fosse rimasta interrotta a lungo tanto che le competenti autorità
impartirono ai sindaci dei comuni consorziati precise disposizioni circa
l'immediato ripristino della viabilità, ripristino che doveva avvenire
mediante la costruzione di una strada provvisoria lungo la sponda destra
del Biois.
Un tracciato che poteva
rivelarsi soltanto una soluzione provvisoria ma che non si dimostrava
affatto sicuro a causa dell'instabilità costituita dalla soprastante e
non meno insidiosa area dei "Piegn".
La pista provvisoria
attraversava il torrente a valle (proseguendo per un centinaio di metri
circa sulla riva destra del Biois) e a monte della frana dove poi si
ricongiungeva al consueto tracciato. Uno dei provvedimenti adottati dal
Comune di Cencenighe fu quello di incaricare il fotografo di Canale
d'Agordo Remigio Andrich di eseguire una serie di fotografie della
strada provvisoria (foto che purtroppo non è stato possibile
rintracciare).
"Le autorità provvidero
subito due lunghi ponti in legno, con stradetta, per allacciamento fra i
due monconi dello stradone", annotò un corrispondente dell'epoca che
definì la strada provvisoria "una scorciatoia scomoda" realizzata
utilizzando manodopera locale.
Quella che doveva rappresentare una soluzione transitoria era invece destinata a perdurare per alcuni anni.
L'entrata in guerra
dell'Italia, avvenuta nel giugno del 1940, e la situazione di stallo
venutasi a creare in conseguenza al conflitto, resero di fatto
necessario accantonare per un certo periodo il progetto di realizzazione
di una galleria (durante il periodo bellico uno dei ponti fu demolito e
successivamente ricostruito).
Una soluzione, quella
relativa alla costruzione di un tunnel, ritenuta la sola in grado di
dare la massima garanzia di sicurezza per la viabilità della valle del
Biois.
Al termine della guerra
il deterioramento dei ponti in legno lungo la deviazione provvisoria
rese ancora più indispensabile ed urgente la costruzione della galleria.
L'ufficio del Genio Civile, con lettera del 21 febbraio 1946, comunicò
al Comune di Cencenighe l'inoltro al Provveditorato alle opere pubbliche
del progetto di deviazione in galleria della "strada di III classe
Cencenighe - Falcade" in località "frana del monte delle Anime".
I lavori di realizzazione del progetto, eseguiti a cura dello Stato, avrebbero ammontato a lire 17.500.000.
L'importo, come
consuetudine, sarebbe stato suddiviso tra i comuni interessati, essendo
la strada della valle del Biois una strada consorziale: Falcade, Canale
d'Agordo, Vallada, Cencenighe, Taibon e Agordo.
Non solo quindi i
Comuni della valle del Biois ma anche due Comuni del basso agordino si
fecero carico del costo di realizzazione dell'opera.
La ripartizione sarebbe
avvenuta utilizzando lo stesso criterio adottato dall'amministrazione
provinciale nel suddividere le spese di manutenzione.
Due erano le vie che i
comuni potevano seguire nell'affrontare la spesa: la prima, in base ad
una legge del 1906 prevedeva che 4/6 dell'importo sarebbero stati
suddivisi in quote uguali tra Comuni interessati e Provincia.
La seconda soluzione,
contemplata da un Decreto Legislativo del 1945, stabiliva invece che la
spesa fosse ripartita al 50% tra Stato ed enti locali con l'onere da
parte di quest'ultimi di rimborsare in trent'anni la quota di spesa
sostenuta.
Si ritenne più conveniente optare per la seconda soluzione dato che non era previsto il versamento di alcun interesse.
Approvato il progetto e
trovati i finanziamenti venne espletata la gara d'appalto. Si aggiudicò
la realizzazione dell'opera l'impresa Giuseppe Deon di Sedico che diede
inizio ai lavori il 1° aprile 1946.
"Gli operai, in
maggioranza sono di Cencenighe, - si legge in una corrispondenza del
maggio dello stesso anno - qualcuno dei Comuni vicini. Finora nessun
incidente grave. Scoppiano le mine nelle ore fissate, al cambio delle
tre sciolte. Ci auguriamo che si prolunghi la galleria oltre la Crepa
granda (definita da Pellegrini come una roccia sporgente ad arco
soprastante la strada per la valle del Biois), si prolungherebbe così il
lavoro per i nostri operai, che non domandano altro, ed i pericoli
della valle sarebbero tolti."
La fame di lavoro era una piaga comune e si faceva sentire in modo massiccio nei primi anni del secondo dopoguerra.
La presenza di un
cantiere in zona costituiva perciò un palliativo alla disoccupazione, ma
soprattutto un'alternativa al fenomeno migratorio.
I lavori procedettero per tutta l'estate.
La roccia veniva
perforata utilizzando la dinamite e il materiale veniva quindi raccolto e
trasportato all'esterno mediante carrelli su rotaia. I lavori furono
quindi sospesi per un certo periodo poiché si rese necessario adottare
una variante al progetto iniziale.
La galleria era stata
ritenuta da alcuni insufficiente ad assicurare la completa sicurezza
della rotabile sottostante il monte delle Anime.
Il prolungamento del
tunnel avrebbe garantito in misura superiore la messa in sicurezza della
viabilità per la valle del Biois visto che la ferita aperta dalla
caduta della frana non era rimarginata e il crollo di altro materiale
roccioso avrebbe messo in serio pericolo la percorribilità della strada.
La proposta di
prolungare il tunnel venne sottolineata in diverse occasioni tanto da
essere ritenuta fondamentale anche dall'Ufficio del Genio Civile di
Belluno che in una perizia condotta nel 1949 valutò opportuno completare
l'opera con la costruzione di un'altro tratto di galleria artificiale
lungo venti metri e a valle della precedente.
Il costo di
realizzazione dei nuovi lavori ammontava complessivamente a circa lire
5.500.000, importo coperto, come nel caso precedente, dallo Stato, dalla
Provincia e dai Comuni consorziati.
Restavano ancora da
completare i lavori di rivestimento interno e la costruzione di un muro
di sostegno nel tratto adiacente il corso del torrente che avrebbe
contribuito a proteggere la strada in caso di straripamento "visto che
in seguito allo scalzamento provocato dalle acque del Biois alla
scarpata della strada consorziale Cencenighe - Falcade, - riportava il
segretario comunale di Cencenighe Emilio De Dea - si rende assolutamente
necessario ed urgente la costruzione di un muro di sostegno in
calcestruzzo di una lunghezza di 28 metri (...)."
L'anno seguente, nel
luglio 1950, venne approvata un'ulteriore variante al progetto iniziale
considerata indispensabile per "modificare l'attuale irrazionale imbocco
della galleria e per allontanare la sede stradale dalla parabola di
caduta dei detriti dalla soprastante roccia."
Per effettuare i lavori
di rettifica si provvide all'acquisto dell'area di terreno adiacente la
strada consorziale nei pressi dell'imbocco sud del tunnel, un'area
compresa tra la strada ed il torrente Biois.
I lavori procedettero comunque con una certa lentezza e l'apertura ufficiale si ebbe solo qualche mese più tardi.
Con l'apertura della
galleria (da alcuni ritenuta superiore alle effettive necessità di
quanti transitavano con i carri e con le poche automobili), parecchi
avevano intuito l'importanza di potenziare la strada della valle del
Biois che poteva rivelarsi una direttrice di primaria importanza per la
viabilità provinciale.
In una riunione
avvenuta ad Agordo tra i sindaci dei comuni facenti parte del Consorzio
stradale, era stata valutata positivamente l'opportunità di sistemare il
tratto stradale Falcade - Passo San Pellegrino dato che: "tale opera
torna a tutto interesse dell'Agordino per l'apertura della via più breve
tra Belluno e Bolzano."
La spesa complessiva per la realizzazione dei lavori avrebbe ammontato a sei milioni di lire.
Una spesa che secondo
gli amministratori si sarebbe rivelata un utile investimento per i
vantaggi che sarebbero conseguiti per la valle del Biois visto anche il
lento ma progressivo incremento dei veicoli in transito. Per garantire
la messa in sicurezza della rotabile e per potenziarla si rendevano
perciò fondamentali la costruzione di briglie e argini lungo il suo
corso "per fermare l'impetuosità del torrente nei pressi e a valle della
frana delle Anime" (per la realizzazione delle opere il Genio civile di
Belluno aveva stanziato nel 1952 l'importo lire 9.400.000) e
l'allargamento in alcuni tratti specialmente nella zona dell'imbocco
nord del nuovo tunnel, in località "Crepa granda".
In piazza di
Cencenighe, all'imbocco della valle del Biois, per assicurare il
transito dei veicoli in entrambe le carreggiate fu necessario abbattere
un edificio che restringeva eccessivamente l'accesso.
Nel 1953 venne
annunciato con soddisfazione che "tutte le promesse fatte dal Genio
Civile si sono pienamente avverate: è stata allargata la strada
Cencenighe - Falcade e si sono costruite le briglie sul Biois (...)".
Per vedere finalmente
completati i lavori di realizzazione del tunnel e per rendere pienamente
funzionale la percorribilità della strada si dovette perciò attendere
non pochi anni (negli anni settanta la struttura subì un ulteriore
prolungamento a valle con la costruzione di un tratto di galleria
artificiale).
Con la costruzione
della galleria il pericolo derivante dalla caduta di materiale roccioso
sembrava aver trovato soluzione almeno lungo il versante della valle del
Biois.
Nei primi giorni di
dicembre del 1952, come già aveva avuto modo di verificarsi qualche
decennio prima, la caduta di massi di una certa consistenza dal versante
della val Cordevole (a monte della frazione di Balestier), aveva
minacciato seriamente la percorribilità delle strade sottostanti: quella
per San Tomaso e la carreggiabile della val Cordevole.
Il rischio di nuovi crolli era sempre presente.
In un incontro avvenuto
tra i sindaci dei Comuni di Colle Santa Lucia, Selva di Cadore, Rocca
Pietore, Alleghe, San Tomaso, Cencenighe, Agordo, Forno di Canale,
Vallada e Falcade emerse infatti "l'unanime riconoscimento del pericolo
che incombe sulle persone costrette a passare a monte di Cencenighe".
Nel corso della riunione, esaminati i problemi derivanti dal pericolo
incombente sulla strada dai massi pericolanti, i Comuni si impegnarono a
partecipare alle spese relative alla sistemazione della viabilità "in
corrispondenza delle frane che minacciano attualmente sotto il Monte
delle Anime, le strade per l'Alto Cordevole e per la Valle del Biois".
Le spese furono
sostenute in percentuale: Alleghe, Rocca Pietore e San Tomaso
parteciparono con il 10%, Cencenighe con il 9,5% mentre i restanti
comuni di Falcade, Forno di Canale, Selva di Cadore, Vallada
intervennero con il 7,5% (restavano esclusi dalla partecipazione il
comune di Colle Santa Lucia sollevato dall'onere del pagamento "per un
atto di fraterna comprensione e di solidarietà" e Livinallongo al quale
fu accordato una riduzione nelle quote di partecipazione).
Il rimanente 25% delle spese fu invece sostenuto dall'amministrazione provinciale.
L'operazione che si rendeva urgente era quella di demolire ed asportare i massi pericolanti dalle pendici del monte.
Il Prefetto di Belluno
ordinò pertanto l'interruzione del transito lungo la strada provinciale
Agordo - Caprile nel tratto Cencenighe - Avoscan e lungo la strada
Cencenighe - Falcade fra Cencenighe e Vallada.
Vennero perciò fatte
brillare delle mine per staccare i massi pericolanti. Un dato curioso è
che per eseguire la delicata operazione furono richiesti ben 75 kg di
dinamite, 150 detonatori e 300 metri di miccia gommata.
Vito Fontanive, allora
sindaco di Cencenighe, in un'ordinanza invitava gli abitanti della
frazione di Balestier e delle Chioipe, per motivi di sicurezza pubblica,
ad abbandonare temporaneamente le proprie abitazioni nella mattinata di
giovedì 18 dicembre 1952, giorno fissato per il brillamento della mina.
Agli abitanti del
capoluogo invece veniva impartito l'ordine di tenersi nei piani
inferiori delle abitazioni. In una cronaca dell'epoca l'episodio venne
così descritto: "Durante il mese di dicembre è stata interrotta per
qualche tempo la strada provinciale a nord del paese (Cencenighe), a
causa dei massi caduti dal monte delle Anime che da tempo minacciavano
l'incolumità dei passanti. Per fortuna non ci furono danni alle persone.
Il Genio Civile provvide a far saltare con la dinamite altri massi
pericolanti che rotolarono nel Cordevole rovinando parte del bosco a
fianco di Balestier. Franò qualche tratto della strada per San Tomaso e
venne pure danneggiata quella provinciale."
Per qualche decennio
non si sono più registrati in zona consistenti fenomeni franosi pur
essendo l'area fortemente soggetta a crolli.
Dodici anni fa
l'amministrazione comunale di Cencenighe, preoccupata per le cadute di
massi che minacciavano da vicino la frazione di Balestier e ben quattro
strade sottostanti (la SS 346 del Passo San Pellegrino, la SS 203
Agordina per Alleghe, la provinciale per San Tomaso e la comunale per
Balestier), ha quindi incaricato Vittorio Fenti di redigere uno studio
geologico della zona. Particolare attenzione è stata rivolta alla
scarpata conglomeratica sovrastante Balestier dove si è provveduto a
consolidare un pilastro roccioso di precaria stabilità, del volume di
circa centro metri cubi, e a costruire paramassi.
Il rischio di caduta di
materiale roccioso dal monte delle Anime, sia lungo il lato della valle
del Biois che del Cordevole, non è stato tuttavia mai accantonato.
Uno degli ultimi
episodi franosi risale a qualche anno fa, nel giugno 1995, quando massi
di consistenti proporzioni si sono staccati dalle pareti rocciose de "Le
banche", lungo il lato che si affaccia sulla valle del Cordevole. Un
crollo che fortunatamente non ha provocato vittime nonostante i pesanti
danni alla viabilità e disagi alla circolazione dovuti all'interruzione
delle comunicazioni stradali per e dall' alta val Cordevole.
"E'superfluo voler
creare inutili allarmismi - afferma Fenti - è risaputo infatti che
l'abitato di Cencenighe si trova in una delle zone a più alto rischio
geologico (lo testimoniano gli eventi alluvionali e franosi accaduti in
passato e in epoca recente), e presenta svariate zone di instabilità tra
cui figura in primis la zona dei Piegn e il monte delle Anime. Ma pur
essendo consapevoli del pericolo e dell'instabilità è estremamente
difficile prevedere il periodo esatto in cui un evento franoso può
verificarsi."
Luisa Manfroi
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