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Le lettere dal fronte del sottotetente Mario De Biasio morto in combattimento ad Asiago nell'agosto 1915

LE LETTERE DAL FRONTE
DEL SOTTOTENENTE MARIO DE BIASIO


Ripropongo questa mia ricerca in occasione del centesimo anniversario  della scomparsa del sottotenente Mario De Biasio. Ringrazio il gruppo A.N.A. di Cencenighe Agordino per la disponibilità e la collaborazione e un grazie postumo al sig. Silvano Peloso e alla sig. Grazia (Graziella) Fontanive per le informazioni a suo tempo fornitemi.


Nato nella frazione di Veronetta (Cencenighe Agordino), praticamente cancellata dalle alluvioni, insofferente della disciplina fine a se stessa, morì in combattimento ad Asiago nell'agosto 1915.

(L’Amico del Popolo, 30 settembre 2000 n 39 e 11 novembre 2000 n. 45)

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Buona lettura !

Mario De Biasio (1880 - agosto 1915) - foto L.Manfroi


La storia di Mario De Biasio, sottotenente di fanteria caduto nel corso di un combattimento durante il primo conflitto mondiale, è una vicenda che accomuna altrettante storie di soldati scomparsi durante lo stesso conflitto.
La differenza è che, mentre molti altri hanno lasciato soltanto come unica traccia il nome su qualche monumento ai caduti, De Biasio ha lasciato la sua corrispondenza e il suo nome legato ad una via di Cencenighe, la strada che collega trasversalmente via XX settembre a via Pennsylvania.
E’ dalla lettura delle lettere spedite alla famiglia in diversi momenti della sua esistenza che, a distanza di anni, si è potuto ricostruire le vicende e la personalità dello sfortunato soldato.
Mario Pericle De Biasio era nato a Cencenighe nel gennaio 1880, nell’abitato di Veronetta, frazione limitrofa al centro del paese, tristemente famosa per le alluvioni del 1868 e 1882 che l’aveva quasi completamente distrutta.
Terzo di cinque figli di Cirillo De Biasio e Maria Finazzer di Livinallongo, sposati nel 1873, Mario apparteneva ad una delle famiglie più in vista di Cencenighe.
Il padre Cirillo, vantava diverse cariche amministrative, non da ultimo quella di sindaco, consigliere comunale e membro della deputazione stradale (l’organo che si occupava della costruzione e manutenzione di strade) di Alleghe, Forno di Canale e Agordo per oltre trentatré anni.
A questo si aggiungeva il fatto di essere proprietario dell’albergo Al Viandante (l’edificio dove ha sede l’attuale farmacia), situato a Veronetta.
Lo stesso albergo che aveva ospitato per una breve sosta la viaggiatrice inglese Amelia Edwards nel suo "vagabondaggio" tra le Dolomiti di metà Ottocento e di cui aveva parlato lo scrittore - editore Ottone Brentari nella sua nota guida turistica.
Lo zio di Mario era inoltre Giovanni De Biasio, esponente di spicco nel campo amministrativo agordino e personaggio alquanto influente visto le sue battaglie condotte per assicurare la nazionalizzazione delle strade agordine.
Di buona cultura, aveva frequentato le scuole del capoluogo di provincia ottenendo il diploma di perito agrimensore.
Dopo il conseguimento del titolo, ventenne, aveva svolto il servizio militare entrando nella scuola per allievi ufficiali di Bologna meritando prima il grado di caporale di fanteria nel febbraio 1901, quindi quello sergente nel maggio dello stesso anno e infine quello di sottotenente.
Ecco come descriveva la vita militare in una lettera inviata alla madre nel novembre 1901:
Dalla mattina alle sette, alla sera alle quattro, continua istruzione, peggio che nel periodo dell’istruzione delle reclute, epoca in cui il lavoro è più intenso, e che sorta di istruzione! Non è che un’ora di riposo la mattina dopo la prima mensa, e si corre, di quella corsa che ne ho le gambe indolenzite.
L’ambiente militare aveva dei risvolti non sempre positivi se si considera che il quadro tracciato De Biasio, in una lettera al padre, non appariva alquanto felice.
Ancora non si sa niente dell’esame (di tenente); nessuna partecipazione ufficiale è giunta al reggimento dal comando del corpo d’armata. Non cessano quindi i dubbi e la paura di dover restare in questo infernale reggimento.
Rigore e disciplina erano alla base della vita di caserma che prescriveva ai giovani sottufficiali regole severe: sveglia alle ore quattro e mezza, adunata nel cortile alle ore cinque e partenza per la spiaggia e là ordine sparso, cioè esercizi di combattimento, ossia avanti e indietro come matti su quella sabbia maledetta che rende dieci volte più faticoso il camminare, fino alle ore otto e trenta. Partenza per la piazza d’armi e là esercizi in ordine chiuso, cioè manovre in marcia, partenza per il quartiere, primo rancio e pulizie fino alle ore dodici. Dalle ore dodici alle due riposo, quindi ginnastica, secondo rancio e alle cinque libera uscita per chi si sente voglia d’andar a passeggio e alle ore nove ritirata.
E in un’altra lettera così Mario De Biasio si lamentava:
se mi fosse concesso di far qui tre mesi come soldato semplice, anziché come ufficiale, ve lo giuro che lo farei senza esitare dal momento che quei tre mesi debbo farli. Questa sommissione forzata, queste umiliazioni sofferte con sorda e repressa collera, questo servilismo costretto da un’autorità cui non ci si può ribellare. Bisogna essere nell’esercito per conoscere intimamente le piaghe dell’esercito, piaghe che se non saranno curate faranno cancrena.
Nella stessa corrispondenza, agli inizi di dicembre 1901, non mancava di rivolgere un pensiero al paese. In quei giorni infatti si svolgeva la fiera di sant’Andrea, appuntamento vitale per il commercio locale.
Cencenighe diventava in quel giorno il ritrovo ottimale per trattare la compravendita di equini per la macellazione, la becarìa.
Non è superfluo pensare che la locanda di Cirillo De Biasio diventasse un punto di ritrovo e di ristoro per i tanti mercanti e compratori che provenivano dalle valli limitrofe e dalla pianura per concludere le loro trattative.
Terminato il servizio militare, De Biasio iniziò ad esercitare la professione di geometra.
Diversi gli incarichi affidati dall’amministrazione comunale, non da ultimo il compito conferito nel 1908 dal Consorzio stradale Agordo-Cencenighe, di determinare le liquidazioni delle indennità spettanti ai proprietari dei fondi espropriati a causa della sistemazione della strada consorziale che congiungeva il capoluogo di vallata a Cencenighe.
Le tensioni internazionali, intanto, si facevano sentire nel primo decennio del Novecento al punto da profilarsi all’orizzonte la minaccia di un evento bellico.
Con lo scoppio del primo conflitto mondiale e con l’entrata dell’Italia in guerra nel maggio del 1915, De Biasio, insieme a molti altri, venne richiamato alle armi nel 115° Reggimento Fanteria. Destinazione Asiago.
L’unico filo di collegamento tra soldati impegnati nel conflitto e la famiglia erano le lettere.
Nonostante le precarie condizioni in cui si venivano a trovare le truppe al fronte, che rendevano di fatto difficile comunicare con l’esterno, nei primi mesi di guerra è abbastanza fitta la corrispondenza tra Mario De Biasio e i congiunti.
In una delle ultime lettera dirette al padre, datata 10 luglio 1915, il giovane sottotenente, descriveva brevemente le sue condizioni di vita come soldato:
Caro papà, ho scritto alla mamma alcuni giorni fa e spero che la lettera sia giunta a destinazione. (...) Tutte le notizie che posso darvi si riducono a poca cosa.
Ritenevo di essere già stato assegnato alla milizia territoriale, quando mi presentai mi fu detto che appartengo tuttora alla milizia mobile e venni destinato al 115° Reggimento. Mi trovo bene alla mia Compagnia che è la 10° (Brigata Treviso).
E’ comandata da un tenente di complemento, un buonissimo giovane. Del mio plotone fa parte anche un compaesano che forse potrete conoscere; è il caporale Manfroi Carlo Cesare fu Matteo, da Cavarzan (frazione di Cencenighe); un bravo caporale, basso tarchiato, robusto che potrebbe essere un buon alpino. Dalle informazioni avute posso ritenere quasi certa la sua prossima promozione a caporale maggiore. (...) In maggioranza in questo reggimento sono i veneti, pochi i meridionali. Sono trevigiani, feltrini e bellunesi. Sembra che ora il tempo si sia rimesso al bello e ve n’era bisogno perché tutto il mese di giugno non fece che piovere maledettamente , con un freddo da parer in autunno.
Evidente anche il pensiero alla segheria del padre ubicata lungo la strada sotto via Villagrande (l’attuale via Roma):
La sega lavora sempre o sono terminati i legnami che erano negli stazi (?) Immagino che travi e tavolami si saranno stati impiegati parecchi sui lavori lungo le strade.
I trasporti da e per Bribano avranno ripreso il loro corso normale.
E dei legnami che dovevano entrare in fluitazione certamente non avrete potuto muoverne nemmeno uno. Pazienza ! Anche in questi boschi si trovano grandi quantità di taglie che aspettano di essere trasportate, stagionate perfettamente ma che ora servono ai più svariati usi.
Da questo momento in poi la corrispondenza si interrompe.
Nella notte tra il 24 e 25 agosto De Biasio, colpito da schegge di granata, perdeva la vita nel corso di un’azione condotta presso il fortino di Basson, sull’altopiano di Asiago, cercando di oltrepassare tre ordini di reticolati austriaci lungo il confine tra Veneto e Trentino.
Un’avanzata, quella della prima armata, che costò all’esercito italiano consistenti perdite. I familiari ebbero notizia della scomparsa del giovane sottotenente dal colonnello milanese Riveri.
Ferito e prigioniero degli austriaci, Riveri, condotto nel campo di concentramento di Mauthausen (tristemente famoso per la deportazione degli ebrei durante il secondo conflitto mondiale), in una nota inviata al fratello Ottorino Federico comunicava la scomparsa del De Biasio:
Egregio signore, sono oltremodo dolente di doverle rispondere che suo fratello Mario, portabandiera del reggimento già da me comandato, non si trova fra gli ufficiali feriti, raccolti contemporaneamente a me.
Nella sventura che la colpisce, Le sia di conforto il sapere che la nostra gloriosa bandiera, portata con giovanile slancio, è stata bagnata dal sangue di suo fratello che dimostrò di saper offrire alla Patria il sacrificio di sua fiorente vita con ammirevole slancio.
Il corpo del sottotenente non fu mai ritrovato nonostante l’interessamento della famiglia e del fratello Ottorino Federico che si era recato di persona sul luogo della scomparsa.
Ad un mese dall’episodio, l’ufficio della decima Compagnia, in risposta ad una lettera di un familiare, confermava di non poter dare nessuna notizia che potesse assicurare il fatto che De Biasio si trovasse tra i viventi oppure prigioniero, si sa però che il Reggimento lo porta tra i dispersi ed altro finora non si sa.
Anche il registro dei defunti della Parrocchia di Cencenighe non riporta alcun dato ufficiale circa la morte del De Biasio.
Don Domenico Chenet, allora parroco del paese, annotò invece diligentemente i nomi degli altri militari cencenighesi caduti nel conflitto, insieme ai nominativi di ventisei soldati italiani deceduti nel dicembre 1916 a causa del crollo di una baracca militare situata in località Palù.
Il Corriere della Sera dell'11 ottobre 1915, riportava il discorso pronunciato da Gabriele D’Annunzio a Milano in ricordo del combattimento sulle montagne vicentine.
Il Vate, con parole infarcite di retorica disse solennemente: ...e siate benedetti voi, superstiti del reggimento della formidabile battaglia, che non dubitaste neppure un attimo di tenere sempre alzata la bandiera nel culmine del vostro coraggio invitto, quella bandiera sui cui rimangono le tracce sanguigne di due martiri: il sottotenente De Biasio e il colonnello Marchetti.
In sua memoria gli fu concessa la medaglia d’argento con la seguente motivazione: De Biasio Mario da Cencenighe, sottotenente fanteria, con cuore impavido e braccio sicuro portò la bandiera del Reggimento in prima linea: Fatto segno a violento fuoco di fucileria, mitragliatrici e bombe a mano nemiche, continuò a tenerla alta, finché colpito a morte, cadde bagnandola del proprio sangue.
In occasione del venticinquesimo anno del Regno di Vittorio Emanuele III, e nel corso di solenni manifestazioni che si svolsero contemporaneamente in tutta Italia, al padre Cirillo, nel giugno 1925, venne consegnata presso il monumento ai caduti di Cencenighe, la croce di guerra e un diploma ricordo, riconoscimento conferito a tutte le famiglie dei caduti.
Come De Biasio, nel corso del primo conflitto, morirono molti altri soldati cencenighesi i cui nomi sono riportati sul monumento ai caduti in piazza IV novembre, eretto nel 1921.
Ringrazio il signor Silvano Peloso di Agordo per avere gentilmente messo a mia disposizione il materiale documentale consentendomi di tracciare il profilo di Mario De Biasio e la signora Graziella Fontanive, nipote di Mario De Biasio, per le precisazioni fornite.
Luisa Manfroi


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