“Antonio, gens Canalis de supra ?” Una pubblicazione di Rizieri Lucio Luciani - Union Ladina Val Biois
«Tutto
nasce dalla voglia di fare un regalo speciale ai malghesi del
comprensorio pascolivo della Valle del Biois, ai quali il locale
gruppo folk organizza la festa a loro dedicata “se desmonteghéa”,
è questo un modo per riconoscere l'importanza del loro lavoro. Ci
siamo dunque chiesti che cosa avrebbe fatto loro piacere ricevere in
dono e che cosa di significativo avremmo potuto offrire. La risposta
di qualcuno è stata: “Parché non ghe fon en Sant'Antone da tacà
fora de stala ?”»
Così
scrive Mayra De Marco dell'Union Ladina Val Biois, nella
presentazione della pubblicazione di Rizieri Lucio Luciani “Antonio,
gens Canalis de supra ?” ricerca nata approfondire la religiosità
popolare attorno a Sant'Antonio Abate, figura di santo tenuta in
grande considerazione nell'economia rurale di un tempo essendo
protettore delle stalle e degli animali domestici la cui ricorrenza
cade il 17 gennaio.
Un
volumetto di una ottantina di pagine intervallata dalle illustrazioni
di Andrea Serafini, agordino, docente di Tecniche dell'incisione -
grafica d'arte presso l'Accademia di Belle Arti di Venezia. Rizieri
Luciani, classe 1957, che si definisce un “autodidatta sensibile
alla sua terra e alle sue vicissitudini”, inizia la sua indagine
dalla presenza in valle del nome Antonio nei suoi derivati maschili e
femminili. In questo gli viene in aiuto un dato statistico fornito
dallo studioso Claudio Scardanzan che, occupandosi da tempo di
ricerche genealogiche, è riuscito a fornire un dato preciso del
numero di abitanti cui era stato imposto, per ragioni religiose o
familiari, il nome di Antonio o Antonia in forma semplice o composta
a partire dal XVI secolo. Curioso il risultato dell'indagine che
mostra un aumento progressivo della presenza del nome dalla seconda
metà del Cinquecento in poi fino al picco massimo raggiunto intorno
al 1818 in cui si registra la sua più alta diffusione tanto da far
supporre a Luciani che la frequenza del nome generi una sorta di
“stirpe”, una “gens Canalis de supra”, definizione che dà
anche il titolo alla pubblicazione. Al nome è del resto legato un
florilegio di epiteti tuttora ben radicati: “Toni”, “Tonin”,
“Tonia” con relativi soprannomi. Dopo averne tracciato un breve
profilo dell'eremita egiziano vissuto tra il III e IV secolo dopo
Cristo e la simbologia a lui correlata, Luciani ripercorre la
presenza iconografica del santo in zona ritrovandola in un polittico
ligneo del Quattrocento presente in origine sull'altare di
Sant'Antonio nella chiesa di San Simon come nel ciclo pittorico di
Paris Bordone o nella statua posta sull'altare della chiesa di San
Rocco a Celat (Vallada) passando poi per capitelli, “gesiole”
(come quella di Mas di Vallada) fino alla chiesa di Cencenighe che
per patrono ha proprio “Sant'Antone dal porzel” riferendosi alla
classica raffigurazione dell'animale con cui si accompagna e che
conserva diverse opere artistiche riferite al patrono. Un
riferimento è anche al medievale “Maso di Sant'Antonio” e alla
località “Crepa de Sant'Antone”, a Cencenighe, come anche ad
altri toponimi come la “Val d'Antone”. Ma è sulle pareti degli
edifici della valle in forma di pitture murali, nelle nicchie e in
quadretti posti sopra le porte delle stalle o nelle “stue” che
svelano la devozione nei confronti di questo santo che convive
frequentemente con Sant'Antonio da Padova al quale è riservata
altrettanta devozione come documentano le molte rappresentazioni
artistiche dedicate al santo portoghese che talvolta si confondono
con quelle dell'omonimo abate. “Un lavoro senza pretese e non
troppo ambizioso” come scrive modestamente l'autore di Canale
d'Agordo cui si deve riconoscere il merito di avere svolto
un'indagine approfondita su un tema solo di apparente semplicità.
L.Manfroi
"L'Amico del Popolo", gennaio 2014, giornale di informazione generale della provincia di Belluno - Riproduzione riservata
Commenti
Posta un commento