Cencenighe
- Dopo tre generazioni, alla fine dell'anno, ha chiuso il negozio di
calzature di Armando Fontanive, che per antonomasia è il calzolaio,
a Cencenighe, dopo suo padre Arnaldo e prima di lui il nonno Natale.
Un'attività iniziata in paese quasi un secolo fa quando ogni tipo di
calzatura veniva confezionata artigianalmente. A ricostruire la
storia è lo stesso Armando nel suo negozio di via Roma che ha
l'inconfondibile profumo di cuoio, di scarpe nuove e una cui vetrina
offre la veduta della piazza con il suo incrocio e il viavai di
automobili. «Il
nonno si chiamava Natale Fontanive fu Grisostomo.
Era nato
nel 1882, l'anno della storica alluvione, come era solito ricordare,
ed era quindi emigrato in Svizzera a Rorschach, sul Lago di Costanza,
per lavorare come muratore mentre la nonna, Novella Manfroi,
prestava servizio in una fabbrica per la produzione di filati. Mio
padre e altri due zii sono nati in Svizzera. Allo scoppiare della
guerra il nonno rientrò in Italia con la famiglia e fu richiamato
alle armi.» È al termine del conflitto che Natale, domiciliato
nella frazione di Avoscan, iniziò l'attività lavorando presso un
parente che di mestiere faceva il calzolaio tanto da diventare
abile in questa professione. Erano scarpe robuste, che, come si è
soliti dire, non avevano mai fine anche se, dopo un lungo uso,
necessitavano di essere riparate. «Mi ricordo che era molto bravo:
faceva scarpe, scarponi, sandali, produceva le calzature dalla tomaia
alla scarpa finita. Probabilmente il laboratorio era ad Avoscan nei
primi tempi, poi fu spostato in piazza dove il nonno lavorava con
mio padre Arnaldo mentre l'altro figlio, lo zio Bruno, emigrò in
Svizzera e solo dopo aprì una sua bottega di calzolaio a Cencenighe,
in via Roma, di fronte alla cooperativa di consumo.» Dopo la
guerra, nei primi del Cinquanta, l'attività venne trasferita a
Veronetta, appena passata la piazza, in una casa di recente
costruzione di proprietà di Gino Mazzarol (“Gino Marùz”).
«Quando
ero bambino frequentavo la bottega di
pomeriggio mentre, terminata la scuola, rimanevo tutto il giorno.
Armando
ricorda l'esistenza di
una parete con tutte le forme di legno. C'era
il nostro banchetto e più in la quello di mio nonno con la macchina
da cucire intento a fare le tomaie.
Natale era specialista in questo e, anche
se mio padre le sapeva fare, preferiva lasciarle a lui. Mio padre
Arnaldo montava la scarpa ma la cucitura della tomaia era
un'esclusiva del nonno. Un particolare che ho ben in mente quando ero
ragazzo, era quando faceva le scarpe "co le bròche de legn",
i chiodi di legno. Aveva una tattica particolare.»
Seguì
un nuovo trasloco nella casa della famiglia Costa, accanto alla
chiesa, nel 1964 circa. «Io,
nel frattempo, ero emigrato in Svizzera per qualche anno, a lavorare
sempre nel settore calzaturiero. Quando sono tornato nella primavera
del 1966, dopo aver svolto il servizio militare, ho continuato a dare
mano a mio padre. Avevamo il laboratorio e un negozio con una piccola
vetrina di esposizione. Non c'era molta merce esposta se non qualche
scarpa e pantofola. In seguito l'alluvione di quell'anno ha
danneggiato completamente l'edificio in cui c'era la bottega
portandosi via tutto. Abbiamo ritrovato la macchina da cucire ma era
ormai tutta rovinata e inservibile. Tra le altre cose, quello che è
molto dispiaciuto a mio padre è stato il fatto di avere perso la
bicicletta che usava per spostarsi da Avoscan al laboratorio e che
caso vuole, quel giorno fosse proprio lì.»
L'attività è rimasta ferma per qualche mese, tanto che si pensava
perfino di andare via. Non fu un bel periodo. Però si decise di
restare e nel luglio 1967 si riaprì nell'edificio che ospitava
anche l'edicola di Celso Soppelsa e solo più tardi la titolarità
passò a nome di Armando. Nello stabile erano stati ottenuti due
negozietti che furono uniti ricavando un divisorio tra il
laboratorio e il negozio.
Nel
mentre, a novantun' anni era scomparso il fondatore dell'attività,
Natale che da tempo si era ritirato dal lavoro. «Nel
1981 pensai di dare una nuova disposizione al locale e decisi perciò
di spostarmi in uno stabile di via Roma , con vetrine più ampie che
davano sulla piazza intitolandolo “Denny Sport” perché nel
frattempo era nato mio figlio e avevo voluto dare il suo nome. Ormai
scarpe non se ne facevano più artigianalmente nel laboratorio ma si
provvedeva a vendere quelle già confezionate. Nel nuovo negozio non
volevo più riparare le scarpe perché alcune macchine producevano
polvere e quindi mio padre si era un po' risentito per questa
decisione. Sono riuscito comunque a ricavare un piccolo spazio per il
suo lavoro. Anche negli ultimi anni papà Arnaldo, mancato a
ottant'anni nel 1990, veniva in negozio per chiedermi se avevo
qualche qualche calzatura da riparare tanto era abituato al suo
lavoro.
Dall'apertura nell'ultima
sede sono trascorsi ormai trentaquattro anni. Il suo negozio ha visto
il susseguirsi di cambiamenti nella moda e negli stili e si può dire
che di suole ne sono state consumate davvero tante da allora. Adesso
Armando Fontanive ha deciso di chiudere. L'auspicio è che i locali
finora occupati dal negozio non rimangano vuoti ma possano dare vita
ad un'altra attività, per rendere commercialmente sempre vive la
piazza e via Roma.
Luisa Manfroi - "L'Amico del Popolo", dicembre 2015, giornale di informazione generale della provincia di Belluno - Riproduzione riservata
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