Cencenighe
– Si dice che “l'acqua dove è passata, ritorna”.
Un'affermazione che trova origine nel constatare come l'acqua, oltre
ad essere imprevedibile, tenda a scorrere dove già è stata.
È
quanto è avvenuto nel pomeriggio di domenica 11 novembre 2012 con lo
straripamento del corso d'acqua della Val d'Antone, soprastante l'abitato di Palù. Una valle che,
nel tratto più a rischio, necessita della messa in sicurezza poiché
in caso di eventi piovosi eccezionali, quella che sembra in apparenza
una valletta secondaria e asciutta, si trasforma in un corso d'acqua
rovinoso.
Il
pensiero va al Ru de la Val de Baro che scende dal versante
del Pelsa e si getta nel Cordevole all'altezza di Vallesine, che nel
settembre 1994 era tracimato creando allagamenti nella zona di
Avoscan.
Riguardo
la Val d'Antone, il sindaco e tecnico comunale in giornata erano sul
posto, mentre il Genio Civile ha provveduto a fare un sopralluogo.
Il sindaco William Faè assicura che “si impegnerà al massimo per
trovare una soluzione”.
Cinque
anni fa, nel febbraio 2007, tecnici della Comunità Montana Agordina,
Servizi Forestali e Comune di Cencenighe, avevano effettuato un
rilievo lungo la Val d'Antone e nella parte finale, quella in cui
l'acqua, in caso di piogge persistenti, scende verticalmente uscendo
dall'alveo che in quel punto curva, e viene convogliata in una
canaletta che immette per circa trecento metri nella vecchia
conduttura dell'Enel e quindi nel Cordevole, in corrispondenza del
ponte di Campo. Una soluzione rimasta solo sulla carta.
Curioso
un particolare. La prima casa di Palù, l’abitato sottostante alla
valle, venne innalzata intorno all'ultimo decennio dell’Ottocento.
È possibile che risalga a quel periodo la costruzione di argini, dei
muri a secco tuttora visibili lungo la valle, appena a monte di
Miaza, con lo scopo di contenere la portata dell'acqua e
salvaguardarsi dal pericolo della tracimazione dell'acqua della Val
d'Antone. Questo, con molta probabilità, in seguito alle forti
alluvioni del 1882 e del 1885 che, specialmente la prima, aveva
causato danni diffusi in tutta la provincia. Fino ad allora Palù era
interamente occupato da campi, in genere di proprietà degli
abitanti della Vila e di Coi che per la loro posizione non potevano
disporre di terreni coltivabili ma almeno erano al sicuro dalle
frequenti intemperanze dei torrenti Biois e Cordevole. Alla fine
degli anni Venti il gruppetto di edifici era salito a cinque,
“sparsi tra campi di sorgo” come riferiva Silvio De Biasio in una
sua guida. Da allora si è continuato a edificare.
Tornando
al presente, quali sono le soluzioni prospettate quasi sei anni fa,
quando è stato effettuato il rilievo ?
In
primo luogo la costruzione di un bacino di accumulo con una soglia
consolidata in massi di scogliera o calcestruzzo per consentire il
deposito dei detriti ed evitare il dilavamento del terreno durante la
piena. In questo modo il materiale solido si depositerebbe sul fondo
evitando possibili straripamenti. Alcune briglie erano già state
fatte in passato per ridurre la pendenza dell'alveo in alcuni punti
particolarmente ripidi. Altro lavoro sarebbe “l'adeguamento e il
ricalibramento” della canaletta in cemento (realizzata una
cinquantina di anni fa) che si innesta nella condotta dell'Enel, in
modo da far defluire in sicurezza le portate di piena. Importante è
fare in modo che una solida griglia impedisca ai detriti di entrare
nella condotta ostruendola dal momento che, da lì in avanti, la
pendenza è minima.
In
seguito a quel rilievo e alle soluzioni prospettate non è stato dato
seguito. Non è la prima volta che si verifica lo straripamento del
corso d'acqua lungo questa valle. Un intervento di messa in sicurezza
della Val d'Antone sarebbe stato altrettanto necessario al pari di
altri lavori (come la sistemazione del vicino Ru delle Palette)
che sono stati realizzati nell'ultimo decennio alcuni dei quali hanno
beneficiato dei fondi del Decreto Sarno.
Le
persistenti precipitazioni piovose di quest'autunno hanno rivelato
ancora una volta la necessità di tenere puliti gli alvei. E'
materialmente impossibile provvedere alla pulizia di tutte le piccole
valli che si diramano lungo il fianchi delle montagne considerato che
ramaglie e foglie secche si depositano naturalmente. Si potrebbe
tuttavia avere l'accortezza di non gettare in questi piccoli alvei
l'erba appena tagliata, i resti derivanti da degli alberi, come
spesso accade.
Luisa Manfroi
"L'Amico del Popolo" giornale di informazione generale della provincia di Belluno - 8 dicembre 2012
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