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"Gli artigli dell'aquila - L’ Agordino durante l'occupazione Austro-Tedesca del 1917 -18" - libro di Dario Fontanive





Articolo di Luisa Manfroi tratto da "L'Amico del Popolo", settimanale di informazione generale della Provincia di Belluno - 29 giugno 2018 - riproduzione riservata





Guera le guera par tuti “, la guerra colpisce tutti , indipendentemente da chi l'ha voluta o subita. È una frase realistica che riassume le difficoltà e la situazione di chi l'ha combattuta o provata. 
 È quanto si ricava leggendo il libro di Dario Fontanive “Gli artigli dell'Aquila - L’ Agordino durante l'occupazione Austro-Tedesca del 1917 -18”. L'autore ci ha abituato a pubblicazioni sulla prima guerra mondiale e lo ha dimostrato anche stavolta con questo corposo lavoro di circa 360 pagine nelle quali ripercorre le storie di guerra, di fame, d'amore e di morte. Sono quelle vissute in prima persona dagli agordini in questo periodo breve ma intenso della storia nazionale di cui ricorre quest'anno il centenario della fine del primo conflitto. Fontanive lo ha fatto con lo scrupolo del ricercatore ma pure con l'umanità di chi è vicino a quanti le vicende le hanno sperimentate per davvero. 
Come ricorda nell'introduzione, dal giorno dell'inizio della belligeranza, molte cose cambiarono per gli agordini nei due anni e mezzo di occupazione dell'esercito italiano. «Pascoli, legname e fabbricati vennero sequestrati per uso militare, si trasformarono in quartieri generali tanti edifici; strade e ponti furono controllati giorno e notte» senza contare gli avvisi, i divieti e gli ordini. 
Una situazione che si protrasse con l'invasione austriaca che seguì la rotta di Caporetto, quando si fecero evidenti il disordine e l'incertezza in forma di saccheggi, soprusi e violenze verso i residenti. Svariati sono gli episodi citati nel libro e che si riferiscono ai giorni dell’occupazione: il coprifuoco, gli spostamenti dei civili ridotti al limite per motivi di sicurezza, un clima di sospetto e di violenze accompagnato dalle requisizioni, tra le quali quelle delle campane, un atto ritenuto dalla popolazione un vero e proprio oltraggio, tanto è vero che in alcuni comuni agordini furono messi in atto dei sotterfugi per salvare le campane altrimenti destinate ad essere fuse. Ma non si possono dimenticare i tempi duri del 1918, “l’an de la fam”, quando l’esercito occupante ormai esausto, registrava e requisiva il bestiame oltre che razionare il cibo al punto da ridurre i civili a nutrirsi di erbe selvatiche e a improvvisarsi “ladri di patate”. 
A questo stato di indigenza si aggiunse l’epidemia di febbre "spagnola", letale per tanti. La mancanza di generi alimentari spinse molti a varcare di nascosto il confine e a recarsi nelle valli di Fiemme e Fassa a barattare cibo che in più di un’occasione veniva sequestrato dai Gendarmi spesso a caccia di disertori. 
Ma in questo caos, fortunatamente così lontano dalla nostra realtà e che forse possiamo solo immaginare, emergono le piccole umane storie di vita quotidiana, le figure di parroci che diedero una mano concreta alla popolazione, di maestri che proseguirono con caparbietà la loro attività di insegnamento, la nascita di legami affettivi tra soldati e donne del posto, alcuni fugaci, altri che si consolidarono col finire della guerra. 
È questo il periodo che Dario Fontanive prende in considerazione narrando "in un quadro d'insieme della vita agordina" le storie ricavate da archivi pubblici e privati, da giornali, da lettere e diari, atti processuali ma pure da testimonianze orali dirette o tramandate. La ritirata delle truppe austro-tedesche e l'arrivo degli “Arditi” della Brigata Reggio, con la conseguente liberazione della gente ormai stremata, segnò la fine della guerra. 

Numerose sono le vicende, suddivise in capitoli e sviluppate nella ricerca alla quale si rimanda la lettura. Il volume, pubblicato dalle edizioni Grafica Sanvitese nell'ambito degli eventi curati dal Comitato Grande Guerra Val Biois e corredato da molte foto d'epoca, vede la presentazione del Presidente dell'Unione Montana Agordina, Fabio Luchetta e del giornalista e scrittore Sergio Tazzer.

                                                                                                   L.Manfroi



 
          

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