Caviola - Antonio
Ravasio, psicologo, psicoterapeuta e docente presso l’Università di Padova, è
stato chiamato a Caviola dal Consiglio d'Istituto dell'IC di Cencenighe
Agordino per trattare il tema "Educare alle relazioni ... a scuola, in
famiglia, nella società". Un incontro organizzato nell'ambito del
“Progetto Genitorialità”. Alla base la considerazione secondo la quale il ruolo
di genitori, di per sé non semplice, sta ampliando la sua complessità a causa
della presenza di ulteriori fattori. Tra questi l'aumento degli impegni di
lavoro che, in molti casi, ha come conseguenza il fatto di stare meno tempo in
compagnia dei propri figli. A ciò si aggiunge l'affiancarsi di altri modelli di
famiglia accanto a quella tradizionale cui pesa l'assenza o la lontananza di
figure familiari di supporto ai genitori, come
i nonni e altre figure parentali di riferimento, oltre all'influenza di
fenomeni mediatici e tecnologici (i social network) che hanno portato
cambiamenti nel modo stesso di relazionarsi. Da ultimo, ma di particolare
attualità, il problema delle difficoltà economiche alle quali molti devono far
fronte in questo periodo, ostacoli che nella maggioranza dei casi si
ripercuotono sulla famiglia. Tutto questo è stato al centro dell'incontro in
cui il professor Ravasio ha cercato di portare la propria esperienza maturata
in anni di docenza e di contatto diretto con le problematiche che molti
genitori si trovano a dover affrontare nella quotidianità e che vedono al
centro i figli nell'età dell'adolescenza.
“Non è sufficiente essere genitori in casa ma è necessario esserlo anche
fuori” ha sostenuto. Un impegno che non è possibile circoscrivere all'interno
delle mura domestiche ma richiede attenzione anche nel contesto più allargato
della società nella quale il proprio figlio vive. Difficile sarebbe gestire i figli quando si
trovano in un ambiente sconosciuto e, come tale, destinato a sfuggire al
controllo. “Per questo – suggerisce Ravasio – il valore aggiunto è quello di
fare i genitori fuori di casa, in due situazioni specifiche: nella comunità di
appartenenza e, in secondo luogo,
mediante il dialogo con le istituzioni, le agenzie culturali e sportive, la
scuola stessa che gioca un ruolo fondamentale nel processo formativo.” In
sostanza – secondo il relatore – bisogna il più possibile dare ai figli un senso di appartenenza alla comunità in cui è inserito. Come ? Entrando a
far parte attivamente di qualche
associazione operante nel territorio, portando i propri bambini e
ragazzi a farne parte fin da piccoli dando vita a situazioni di incontro
trasmettendo ai figli modelli educativi, religiosi e di vita in cui si crede.
“Con il buon esempio si potrà costruire un modello, una rete di relazioni
stabili al di fuori del tessuto familiare e gettare il fondamento di una vita
sociale solida”. Per Ravasio non serve creare qualcosa di nuovo, basta partire
dal proprio complesso di elementi: la sagra di paese, le tradizioni presenti in
loco, la storia, le attività sportive ciò che mette a disposizione il proprio
luogo. Quella che è, in una sola parola, la normalità. Senza dimenticare il
proprio ruolo di principali interlocutori e punto di riferimento per il figli.
Una rete di relazioni sociali ben costruita può contribuire a fare in modo che,
nell'adolescenza, quando i figli si troveranno ad affrontare scelte in maggiore
autonomia, non si troveranno spaesati, in un contesto estraneo ma fatto già di
relazioni salde con la possibilità di superare
meglio le difficoltà. E di fronte ai social network ? È innegabile – dice
Ravasio – l'influenza dei nuovi strumenti mediatici di relazione come facebook,
che di per se stesso non sono positivi o negativi ma richiedono
attenzione da parte dei genitori i quali devono affiancarsi ai figli, stabilire
delle regole partendo dal presupposto che i social network, non possono sostituirsi alla socialità
concreta. Fondamentale per un genitore stabilire delle regole, anche se a volte
costa farle rispettare, fissare delle priorità, dei tempi, dare
un'organizzazione chiara e coerente al proprio agire.
FALCADE - Il legno ha un profumo particolare. È quello che si respira quando si entra in una falegnameria o in una segheria. Un odore che riporta al bosco, alla montagna e quindi alle proprie radici. Al legno in qualche modo si è sempre rimasti legati adesso come in passato malgrado i naturali cambiamenti sociali ed economici del territorio. Da una statistica delle Camera di Commercio di Belluno del 1958 emerge che in Valle del Biois (considerando anche Cencenighe e San Tomaso), di segherie se ne registravano ben quattordici, senza considerare gli altri comuni dell'alta Val Cordevole dove, complessivamente, ad Alleghe, Rocca Pietore, Colle Santa Lucia, Selva di Cadore e Livinallongo, se ne contavano diciotto. Ora, in alto Agordino, da Cencenighe in su, di segherie ne è rimasta attiva solo una, quella di Marco Scola, a Falcade. Una gestione che è arrivata ormai alla quarta generazione. Prima di lui il padre Romano, il nonno Marco, suo omonimo, e il bisnonno Sante Scola che, ...
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