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Canale d'Agordo - La rilettura del libro di Edoardo Luciani da parte della Biblioteca comunale con le voci del Cilp


Canale d'Agordo – È difficile dimenticare le emozioni di fronte alla lettura de “El tacuin”, uno dei tredici racconti, o meglio “s-ciòne”, contenuti nella raccolta del maestro Edoardo “Berto” Luciani, “Nono contène 'na s-ciòna” scritti in dialetto di Canale d'Agordo. 
Era quasi la metà di marzo 1892 di un inverno mite e con poca neve e i tre giovani fratelli Luciani, allora ragazzi: Edoardo, Costante e Giovanni, seduti intorno al “larìn”, si contendevano ognuno la possibilità di andare a piedi alla fiera di Agordo con il padre. Non riuscivano a decidersi, così, la soluzione migliore fu quella di “tirà a bruscheta”, tirare a sorte. Non sapevano che stavano mettendo in gioco la loro vita e, col senno di poi, la storia. Infatti, se fortuitamente fosse stato il futuro padre dell’autore e di Albino Luciani, Giovanni, a recarsi a fiera, una pagina di storia non sarebbe sicuramente mai esistita. Il giorno della fiera, nel pomeriggio, durante il viaggio di ritorno da Agordo, il gruppo di viandanti della Valle del Biois fu sorpreso da una forte nevicata e da una valanga che, scesa alla destra del Biois, circa all'altezza di Crepa Granda, prossima al confine di Cencenighe con Vallada, scaraventò alcuni dei malcapitati nel torrente. 
Tra gli otto a perdere la vita c'era pure Edoardo, zio del maestro “Berto”. È per questo che lui, nato nel marzo 1917 durante un inverno ricco di neve, porta il nome dello zio morto in questa circostanza. 
Un fatto ricordato da una targa, collocata sul luogo in cui si verificò e da alcuni anni vergognosamente rovinata.
È come se il tempo si fosse fermato rileggendo questa serie di “s-ciòne” mediate dall'acutezza di pensiero di Edoardo Luciani, pubblicate nel 1964 e ristampate nell'autunno del 2001, a cura di Loris Serafini dalla Pro Loco di Canale d'Agordo e illustrato da Dunio. Nella raccolta si ritrovano storie che affondano le loro radici nel quotidiano rivelando una drammaticità che lo stile narrativo sobrio riesce a stemperare. Altre sono vere e proprie “s-ciòne”, che pur conservando una loro base di realismo sono intrise di fantasia e spesso di mistero ma non per questo prive di significato morale che deriva loro dalla saggezza popolare.
Una riscoperta lessicale e terminologica sottolineata da Loris Santomaso che ne aveva curato la presentazione della ristampa. «Luciani - si legge - ha reso un servizio non trascurabile alla conservazione del patrimonio culturale, alla conoscenza della nostra storia, del folclore inteso come studio delle tradizioni popolari.» 
E, per fortuna, di contributi analoghi l'Agordino ne ha molti e sarebbe opportuno renderli noti anche nelle scuole per far conoscere la storia e la cultura locale. In occasione della presentazione del lavoro, a gennaio di quindici anni fa, era stato auspicato che il libro potesse contribuire a far nascere in qualcuno la capacità e la voglia di narrare, qualità indispensabili per dare ai racconti il giusto significato. 
 Un invito che, malgrado il tempo trascorso, è stato colto dalla Biblioteca comunale di Canale d'Agordo grazie alle voci del Cilp, Centro del libro parlato che ha letto il testo nel corso di una serata nell'ambito dell'Iniziativa “Vieni ad ascoltare una storia!”.

L.Manfroi - Riproduzione riservata 

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