Vallada
Agordina – È di recente pubblicazione il libro
“Da Vallada alle battaglie dell'Africa Settentrionale alla regione
del Punjab in India” che raccoglie le memorie di Giuseppe Luchetta
di Vallada Agordina, "el maestro Bepi" (1914-2010), curate
dal figlio Claudio A. Luchetta e incentrate sui sette anni trascorsi
come soldato e prigioniero di guerra in una regione nord-occidentale
dell'India. "L'idea di scrivere i racconti di nostro padre
ancora nata qualche anno fa quando lui vigoroso nella vita in Val
Biois, nelle lezioni di storia in classe o nelle serate tranquille in
casa, a volte parlava di guerra e di prigionia vissute in tanti anni
di lontananza continuativa dal suo paese", ha scritto l'autore
nell'introduzione. Nelle prime pagine viene ripercorsa la vita della
famiglia Luchetta impegnata nei lavori di falegnameria e segheria
presso quello che veniva chiamato " el Fabrìch" di Celat
che lavorò a pieno regime per l'esercito durante la Grande Guerra.
Titolari della ditta erano il padre Antonio, il cognato Fioretto
Andrich e, per un certo tempo, altri due fratelli. Terminati gli
studi ginnasiali, in seguito al ricevimento della “cartolina”,
Giuseppe Luchetta arrivò in Libia per partecipare al Corso Ufficiali
per le colonie della settentrionale nel gennaio 1939. Fatto curioso
era che a Bengasi tutti i serramenti per il Palazzo del Governatore
erano stati costruiti al "Fabrìch" con il legno di abete
della Valle del Biois. Tornato a casa fu costretto a ripartire per il
Nord Africa nel 116a reggimento fanteria Treviso. Inviato in
Cirenaica, dopo il precipitare degli eventi, fu trattenuto in
servizio occupandosi dell' addestramento reclute della mensa
ufficiali con il grado di sottotenente. In seguito ad una battaglia
per il controllo del Canale di Suez, la Compagnia di Luchetta
capitolò e nel gennaio 1941 Luchetta fu fatto prigioniero con altri
commilitoni. Portati ad Alessandria d'Egitto dopo una faticosa marcia
a piedi, furono imbarcati con destinazione Bombay, in India e quindi
destinati a un campo di prigionia. Luchetta ricorda l'ottimo
trattamento nonostante la reclusione e il clima caldo umido
asfissiante. Anche il cibo non mancava. La vita trascorreva tra i
falliti tentativi di fuga da parte di qualcuno, i lavori agricoli e
quelli di manovalanza. Gli anni che seguirono furono forse
alleggeriti dalla possibilità di allontanarsi per brevi periodi allo
scopo di cimentarsi con altri compagni in ascensioni lungo qualche
cima della catena himalayana come nel gruppo del Dhaula Dhar.
Escursioni viste con favore dagli inglesi che potevano ricavare
materiale cartografico. Tra le le montagne raggiunte anche la vetta
alta 6200 metri chiamata da loro Cima Italia. L'ultima escursione
nell'ottobre 1945, a guerra finita, con una spedizione diretta alle
sorgenti dell'Indo. Infine l'arrivo a Vallada verso la “Madona de
agosto” del 1946 dopo sette anni di assenza. Luchetta non dimenticò
di distribuire manciate di spezie che aveva portato con sé da quel
lontano paese perché, come si era soliti dire durante la guerra,
“le becarie e i salam" non erano più gli stessi senza le
spezie.
FALCADE - Il legno ha un profumo particolare. È quello che si respira quando si entra in una falegnameria o in una segheria. Un odore che riporta al bosco, alla montagna e quindi alle proprie radici. Al legno in qualche modo si è sempre rimasti legati adesso come in passato malgrado i naturali cambiamenti sociali ed economici del territorio. Da una statistica delle Camera di Commercio di Belluno del 1958 emerge che in Valle del Biois (considerando anche Cencenighe e San Tomaso), di segherie se ne registravano ben quattordici, senza considerare gli altri comuni dell'alta Val Cordevole dove, complessivamente, ad Alleghe, Rocca Pietore, Colle Santa Lucia, Selva di Cadore e Livinallongo, se ne contavano diciotto. Ora, in alto Agordino, da Cencenighe in su, di segherie ne è rimasta attiva solo una, quella di Marco Scola, a Falcade. Una gestione che è arrivata ormai alla quarta generazione. Prima di lui il padre Romano, il nonno Marco, suo omonimo, e il bisnonno Sante Scola che, ...
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