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Ricordi di guerra: lampi sul Col di Lana (dicembre 2014)


I ricordi di guerra sono legati a chi li ha vissuti in prima persona. Riguardo alla prima guerra mondiale, essendo assai difficile riuscire a trovare ancora qualcuno in vita in grado di riportare alla memoria episodi legati a quel periodo, bisogna fare affidamento ai racconti orali fortunatamente trascritti. È il caso dei combattimenti e degli scoppi che avvenivano sul Col di Lana nel corso dei primi anni del conflitto narrati da Gemma Manfroi nata nel 1908 a Cencenighe nella frazione di Camp, quinta di dieci figli di Teodoro Manfroi (Mόter) e di Maria Fontanive.
Una famiglia dedita all'allevamento e ai lavori agricoli come del resto la gran parte della popolazione. Al padre Teodoro, (gennaio 1869 – gennaio 1947), originario della frazione di Fòch, sembra non difettasse l'intraprendenza. Emigrato per qualche anno in Argentina sul finire dell'Ottocento e in Galizia, la più settentrionale delle province dell'Impero Austro-Ungarico, una volta tornato in paese, con quanto guadagnato acquistò dei terreni, costruì la casa a Camp e comprò alcuni capi di bestiame. Per qualche anno fu casaro nel caseificio del capoluogo e la figlia rammentava che nelle notti d'inverno, per raggiungere il “casèlo”, indossava sopra i pantaloni delle pellicce di pecora per ripararsi dal freddo. “Lòlo Moter”, malgrado le fatiche e i sacrifici del lavoro, appariva ben curato nell'aspetto come documenta una foto degli anni Trenta che lo ritrae: capelli folti e bianchi, pizzetto, anello al dito mignolo della mano destra.
La sua attività l'aveva portato a prendere in gestione per diversi anni la malga di Casamatta. Come riporta Giorgio Fontanive autore del libro “Ciesamata – storia di un alpeggio e del suo recupero” (C.N.S.A.S. Stazione di Alleghe, 2011), la casera di “Ciesamata”, in dialetto alleghese, è un alpeggio posto a m 1651 in comune di Alleghe, su un ripiano del versante occidentale del Gruppo del Civetta, di fronte al monte Piz. Il sito, raggiungibile da Masaré e da Le Vare – Avoscan attraverso il difficile tratto della “Scala”, venne utilizzato come pascolo dagli inizi del Novecento, e gestito negli anni della prima guerra mondiale e, dal 1923 al 1927 appunto da Teodoro “Lòlo” Manfroi.
A fine primavera, non appena la neve si era sciolta anche alle alte quote, “Lòlo Mόter” lasciava la frazione di Camp, la consorte Maria e alcuni dei figli che durante l'estate avrebbero provveduto alla fienagione e si incamminava per Casamatta facendo ritorno solo verso fine settembre. Con sé portava una quarantina di capre e le vacche della sua stalla, una decina, che si sarebbero poi trovate con quelle che altri proprietari gli avrebbero affidato per l'intera stagione estiva. Con lui il fratello Carlo e due o tre figli che l'aiutavano nella vita in malga insieme.
Mano a mano che le figlie più grandi crescevano (il primo maschio a nascere fu solo il sesto in successione, seguito dall'ottavo e dal nono) venivano sostituite dai figli più piccoli.
Fu così che durante la Grande Guerra spettò a Gemma il compito di restare per qualche estate a Casamatta. Anche da anziana erano ancora ben vivi il suo dispiacere e i rimproveri del padre per i suoi pianti insistenti nel dover rimanere in malga. Durante il fine settimana erano raggiunti dalle figlie più grandi che provvedevano a rimpinguare le riserve di farina da polenta, alla pulizia della “casèra” e al lavaggio degli indumenti del padre malgaro e dei fratelli più piccoli. La loro permanenza a “Ciesamata” ispirò al fratello Battista (“Tita”) una canzone che Gemma era solita ripetere.
Ma da Casamatta la vista spazia verso il Col di Lana distante una decina di chilometri in linea d'aria. Un dato che fa capire come indirettamente la guerra sia stata vissuta pure lassù tanto che in età avanzata Gemma aveva ancora ben presenti i boati, i fragori delle esplosioni prodotte dalle grosse armi da fuoco, un rumore costante che accompagnava le attività quotidiane della malga e la notte. Quello che più la impressionava erano i bagliori che verso sera rischiaravano il dirimpettaio Col di Lana ma pure il Sief e il Lagazuoi. «Se vedea tut en ciaro !» ricordava. Del resto, come ha scritto Fontanive, i bombardamenti si susseguirono sul Col di Lana dal luglio 1915 per tre estati di guerra. Una notte, videro sul Col di Lana delle luci, simili a grosse fiaccole che avanzavano a due a due e che li impressionarono notevolmente. Nel silenzio, suo padre Lòlo gridò a gran voce: «Ehi, notturni !» rivolgendosi a loro nella illusione di poter essere sentito, tanto sembravano vicine.
Non deve essere stata cosa da poco se si considera che tali episodi furono vissuti da quella che era allora una bambina di sette-otto anni e che era solita ripetere spesso alle nipoti tra i quali la sottoscritta che li ha annotati.
                                                                                             
                                                                                Luisa Manfroi

"L'Amico del Popolo", dicembre 2014, giornale di informazione generale della provincia di Belluno - Riproduzione riservata
       

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