I ricordi
di guerra sono legati a chi li ha vissuti in prima persona. Riguardo
alla prima guerra mondiale, essendo assai difficile riuscire a
trovare ancora qualcuno in vita in grado di riportare alla memoria
episodi legati a quel periodo, bisogna fare affidamento ai racconti
orali fortunatamente trascritti. È il caso dei combattimenti e degli
scoppi che avvenivano sul Col di Lana nel corso dei primi anni del
conflitto narrati da Gemma Manfroi nata nel 1908 a Cencenighe nella
frazione di Camp, quinta di dieci figli di Teodoro Manfroi (Mόter)
e di Maria Fontanive.
Una
famiglia dedita all'allevamento e ai lavori agricoli come del resto
la gran parte della popolazione. Al padre Teodoro, (gennaio 1869 –
gennaio 1947), originario della frazione di Fòch, sembra non
difettasse l'intraprendenza. Emigrato per qualche anno in Argentina
sul finire dell'Ottocento e in Galizia, la più settentrionale delle
province dell'Impero Austro-Ungarico, una volta tornato in paese,
con quanto guadagnato acquistò dei terreni, costruì la casa a Camp
e comprò alcuni capi di bestiame. Per qualche anno fu casaro nel
caseificio del capoluogo e la figlia rammentava che nelle notti
d'inverno, per raggiungere il “casèlo”, indossava sopra i
pantaloni delle pellicce di pecora per ripararsi dal freddo. “Lòlo
Moter”, malgrado le fatiche e i sacrifici del lavoro, appariva ben
curato nell'aspetto come documenta una foto degli anni Trenta che lo
ritrae: capelli folti e bianchi, pizzetto, anello al dito mignolo
della mano destra.
La sua
attività l'aveva portato a prendere in gestione per diversi anni la
malga di Casamatta. Come riporta Giorgio Fontanive autore del libro
“Ciesamata – storia di un alpeggio e del suo recupero”
(C.N.S.A.S. Stazione di Alleghe, 2011), la casera di “Ciesamata”,
in dialetto alleghese, è un alpeggio posto a m 1651 in comune di
Alleghe, su un ripiano del versante occidentale del Gruppo del
Civetta, di fronte al monte Piz. Il sito, raggiungibile da Masaré e
da Le Vare – Avoscan attraverso il difficile tratto della “Scala”,
venne utilizzato come pascolo dagli inizi del Novecento, e gestito
negli anni della prima guerra mondiale e, dal 1923 al 1927 appunto da
Teodoro “Lòlo” Manfroi.
A fine
primavera, non appena la neve si era sciolta anche alle alte quote,
“Lòlo Mόter” lasciava la frazione di
Camp, la consorte Maria e alcuni dei figli che durante l'estate
avrebbero provveduto alla fienagione e si incamminava per Casamatta
facendo ritorno solo verso fine settembre. Con sé portava una
quarantina di capre e le vacche della sua stalla, una decina, che si
sarebbero poi trovate con quelle che altri proprietari gli avrebbero
affidato per l'intera stagione estiva. Con lui il fratello Carlo e
due o tre figli che l'aiutavano nella vita in malga insieme.
Mano a
mano che le figlie più grandi crescevano (il primo maschio a nascere
fu solo il sesto in successione, seguito dall'ottavo e dal nono)
venivano sostituite dai figli più piccoli.
Fu così
che durante la Grande Guerra spettò a Gemma il compito di restare
per qualche estate a Casamatta. Anche da anziana erano ancora ben
vivi il suo dispiacere e i rimproveri del padre per i suoi pianti
insistenti nel dover rimanere in malga. Durante il fine settimana
erano raggiunti dalle figlie più grandi che provvedevano a
rimpinguare le riserve di farina da polenta, alla pulizia della
“casèra” e al lavaggio degli indumenti del padre malgaro e dei
fratelli più piccoli. La loro permanenza a “Ciesamata” ispirò
al fratello Battista (“Tita”) una canzone che Gemma era solita
ripetere.
Ma da
Casamatta la vista spazia verso il Col di Lana distante una decina
di chilometri in linea d'aria. Un dato che fa capire come
indirettamente la guerra sia stata vissuta pure lassù tanto che in
età avanzata Gemma aveva ancora ben presenti i boati, i fragori
delle esplosioni prodotte dalle grosse armi da fuoco, un rumore
costante che accompagnava le attività quotidiane della malga e la
notte. Quello che più la impressionava erano i bagliori che verso
sera rischiaravano il dirimpettaio Col di Lana ma pure il Sief e il
Lagazuoi. «Se
vedea tut en ciaro !»
ricordava. Del resto, come ha scritto Fontanive, i bombardamenti si
susseguirono sul Col di Lana dal luglio 1915 per tre estati di
guerra. Una notte, videro sul Col di Lana delle luci, simili a
grosse fiaccole che avanzavano a due a due e che li impressionarono
notevolmente. Nel silenzio, suo padre Lòlo gridò a gran voce: «Ehi,
notturni !» rivolgendosi a loro nella
illusione di poter essere sentito, tanto sembravano vicine.
Non deve
essere stata cosa da poco se si considera che tali episodi furono
vissuti da quella che era allora una bambina di sette-otto anni e che
era solita ripetere spesso alle nipoti tra i quali la sottoscritta
che li ha annotati.
Luisa Manfroi
"L'Amico del Popolo", dicembre 2014, giornale di informazione generale della provincia di Belluno - Riproduzione riservata
Bel racconto.
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